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La terapia farmacologica è il cardine del trattamento delle sindromi coronariche croniche e sono sempre più numerose le prove che mettono in dubbio i benefici dell'intervento coronarico (stenting) per questi pazienti. Le linee guida cinesi per la riabilitazione cardiaca e la prevenzione secondaria sottolineano che tutti i pazienti affetti da cardiopatia sono idonei alla riabilitazione cardiaca, compresi coloro che sono stati sottoposti a bypass aorto-coronarico, intervento coronarico e angina cronica stabile. Tuttavia, uno studio del Fuwai Hospital ha rilevato che a meno del 40% dei pazienti dimessi è stata raccomandata la riabilitazione cardiaca. Di recente, uno studio britannico pubblicato sull'European Journal of Preventive Cardiology ha dimostrato che la riabilitazione cardiaca basata sull'esercizio fisico può migliorare la prognosi dei pazienti rispetto all'intervento coronarico. Utilizzando i dati di 18.383 pazienti con sindromi coronariche croniche del Global Health Research Network, gli autori hanno confrontato gli effetti dell'intervento coronarico con la riabilitazione cardiaca e gli effetti dell'intervento coronarico più la riabilitazione cardiaca con la sola riabilitazione cardiaca. Lo studio ha dimostrato che, dopo il propensity score matching, la riabilitazione cardiaca ha ridotto la mortalità per tutte le cause a 18 mesi del 63% e il rischio di ricovero ospedaliero del 71% rispetto all'intervento coronarico. Inoltre, rispetto ai pazienti sottoposti solo a riabilitazione cardiaca, i pazienti sottoposti a intervento coronarico combinato con riabilitazione cardiaca presentavano solo una minore incidenza di insufficienza cardiaca, mentre non si riscontravano differenze significative nella mortalità per tutte le cause, nella riospedalizzazione, nell'infarto del miocardio e nell'ictus. Per quanto riguarda l'effetto della riabilitazione cardiaca, una precedente meta-analisi ha dimostrato che la riabilitazione cardiaca basata sull'esercizio fisico riduceva il rischio di morte cardiovascolare ma non la mortalità totale. Non si è riscontrata alcuna riduzione significativa del rischio di infarto miocardico o di rivascolarizzazione. La popolazione studiata era comunque composta principalmente da pazienti a basso rischio dopo infarto miocardico o rivascolarizzazione. Fonte: Rivista China Circulation |
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